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Una zuppa che scalda l’anima e il ricordo di due giorni passati inUmbria

E’ stata una settimana che mi ha messo a dura prova. La vita è una salita continua e a volte la felicità di vedere la cima viene spazzata via da un rotolone che ti riporta a valle. Ti rialzi, raccogli le tue cose e prima di riaffrontare la salita ti fermi a riposare in una angolo. Ecco, io questa settimana mi sono dovuta riposare, cercando di fare mente locale su dove mettere il piede giusto la prossima volta. Succede di prendere con slancio un contesto, di fare progetti e di pensare un po’ più in grande. Ma la vita non sempre ti viene incontro. Io continuo a camminare, questa volta più cauta e paziente (qualità che non mi appartiene molto, da qui la dura prova della vita) e mi consolo con le mie passioni e la compagnia delle poche persone che mi stanno davvero a cuore.

L’importanza del comfort food arriva adesso,  è un richiamo nei momenti tristi o semplicemente uggiosi. Questa zuppa è
confortevole perché mi ricorda il cibo di casa, quando anche se c’erano 40 gradi mia mamma preparava una minestra di verdure o una zuppa di legumi misti col farro. A casa mia per questi piatti non esiste una stagione, succede tuttora che mia mamma prepari qualcosa del genere in pieno agosto, la giustificazione è “fa bene”…come darle torto. Beh, però esiste sicuramente una temperatura, quindi “d’estate mamma servimela tiepida la minestra!”. Per me, dunque, le zuppe e le minestre sono piatti pieni di affetto e se negli scorsi giorni ne ho cucinata una l’ho fatto sicuramente per coccolarmi dopo aver passato delle giornate moralmente insostenibili. La vita non è tutta rosa e fiori ma meno male esiste il comfort food.

L’idea di cucinare una zuppa di roveja è nata dal ricordo (eddai con sto ricordo) di qualche giorno passato in Umbria qualche mese fa. Ci pensavo per svariati motivi: sia perché fuori era una giornata simile a quelle passate là, sia perché quest’estate io le ferie non le ho viste neanche col binocolo e avevo voglia di evasione totale da tutto e tutti, e poi perché affacciandosi l’autunno si ripresentano nella mia mente i legumi.
Allora sono andata a ricercare quel sacchettino di roveja biologica comprata a Perugia in una bottega-osteria in Via dei Priori che si chiama, appunto, Osteria a Priori (qui le recensioni su tripadvisor, hanno anche un sito ma al momento non funziona). E’ una bottega di prodotti tipici, ma preparano anche aperitivi e pre-dinner, hanno uno spazio di piccola ristorazione per  la pausa pranzo e cene, collegamento wi-fi e uno spazio dove fare salotto con possibilità di lettura di quotidiani e riviste, c’è sempre una persona pronta a farti un caffè, anche se sei di passaggio; hanno anche una piccola libreria di gastronomia e prodotti da asporto. Hanno una carta dei vini ampia (270 etichette circa) e prodotti quasi esclusivamente regionali  che provengono da piccoli produttori e artigiani del luogo.  Quindi se siete a Perugia segnatevi l’Osteria a Priori.

Prima della ricetta, una piccola parentesi su questo legume antico e quasi dimenticato: la roveja. È un piccolo legume simile al pisello, dal seme colorato che va dal verde scuro al marrone, grigio. Nei secoli passati era coltivato su tutta la dorsale appenninica umbro-marchigiana, in particolare sui Monti Sibillini, dove i campi si trovavano anche a quote elevate. La roveja è resistente anche alle basse temperature, si coltiva in primavera-estate e non ha bisogno di molta acqua. Cresce anche in forma spontanea, lungo le scarpate e nei prati; nei secoli passati era protagonista dell’alimentazione dei pastori e contadini dei Sibillini con altri legumi poveri quali lenticchie, cicerchie e fave. Questo fantastico legume è molto proteico, ha un alto contenuto di carboidrati, fosforo, potassio e pochissimi grassi. Quindi fa benissimo. Per molti anni è stato un alimento dimenticato, oggi resistono solo pochi agricoltori nella val Nerina.
La roveja si raccoglie tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Essiccata è disponibile tutto l’anno. La battitura è simile a quella della lenticchia: quando la metà delle foglie è ingiallita e i semi sono diventati cerosi, si falciano gli steli e si lasciano sul prato ad essiccare. Quando l’essicamento è completato si portano sull’aia e si trebbiano. Si deve poi liberare la granella dalle impurità con una ventilazione che avviene con setacci. La roveja si può mangiare fresca oppure essiccata, in questo caso diventa un ottimo ingrediente per minestre, zuppe. Macinata a pietra, si trasforma in una farina dal lieve retrogusto amarognolo che serve per fare la farecchiata o pesata: una polenta tradizionalmente condita con un battuto di acciughe, aglio e olio extravergine di oliva, buona anche il giorno successivo, affettata e abbrustolita in padella.  [fonte: http://presidislowfood.it].

 

Ingredienti per 4 persone:
200 g di roveja
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla rossa
prezzemolo
sale e pepe q.b.
olio EVO
100g di semola di grano duro
1 uovo
Sale
Mettete in ammollo la roveja per 12 ore. Successivamente sciacquatela in abbondante acqua corrente. Preparate un battuto con gli odori (sedano, carota, cipolla e prezzemolo). Fatelo soffriggere in poco olio all’interno di una pentola
abbastanza capiente. Dopo circa 5 minuti aggiungete la roveja e mescolate bene tutti gli ingredienti.  Coprite il tutto con abbondante acqua tiepida (per non interrompere del tutto la cottura) e fate cuocere per 2 ore e mezza. Mescolate di tanto in tanto e aggiungete acqua tiepida di modo che il tutto rimanga piuttosto liquido. Aggiustate di sale e pepe.
Preparate i maltagliati. Versate la farina a fontana su una spianatoia; rompeteci dentro l’uovo e aggiungeteci una presa di sale e un filo d’olio. Con l’aiuto di una forchetta (o con le mani se preferite) sbattete l’uovo e cominciate ad amalgamare la farina intorno. Continuate con le mani e cercate di amalgamare bene tutti gli ingredienti. Lavorate bene di polso fino ad ottenere un impasto liscio e non più appiccicoso. Nel lavorarla potete aiutarvi sporcandovi le mani di farina. Lasciate riposare l’impasto per una mezz’ora. A questo punto è pronto per essere tirato. Tirate la sfoglia con la sfogliatrice, di uno spessore non troppo sottile. Stendetela sulla spianatoia e tagliatela a losanghe irregolari. Lasciate asciugare la pasta senza sovrapporre i maltagliati ottenuti.
Cuocete i maltagliati  nella zuppa per uno o due minuti, non di più. Servite la zuppa calda o tiepida condendola con un filo di olio EVO e una buona grattugiata di parmigiano.
 Un piccolissimo giro di due giorni e mezzo che mi ha regalato bellissimi momenti e relax totale (tutto merito del mio compagno a dire la verità). Purtroppo il tempo è stato pessimo, sopratutto l’ultimo giorno e mezzo,  quindi mi aspettavo di fare più foto. Ma il primo giorno la mia macchina fotografica ha potuto catturare queste belle immagini.

Prima Anghiari, in provincia di Arezzo, poi  Gubbio, in Umbria, mi hanno rapito, angoli bellissimi, stradine e vicoli nascosti pieni di tesori. La tranquillità di questi posti è dettata dal fatto che circolano pochissime macchine, la gente del luogo si sposta a piedi o in bicicletta. Vedere passare piccole cinquecento d’epoca o qualche ape piaggio mi ha fatto sentire fuori dal caos quotidiano, dalle code in autostrada o dalla preoccupazione di cercare parcheggio. C’era sempre molta gente, soprattutto turisti, ma è stato piacevolissimo camminare su quelle strade antiche mangiando la tipica torta al testo farcita con salumi tipici.

Se vi capita di passare da quella zona dell’Umbria fate un salto a Montone, comune che conta poco più di 1.500 persone, un piccolo paese  da dove poter ammirare un panorama stupendo. E’ uno dei borghi più belli d’Italia ed è lì che ho scoperto TIPICO Osteria dei Sensi (il sito qui), un’osteria fantastica che cucina e vende solo prodotti 100% Umbri e sta molto attenta nel valorizzarli nei loro piatti. Lì abbiamo mangiato un tagliere di salumi e formaggi del luogo accompagnati da torta al testo (ovviamente) e successivamente l’imbrecciata di legumi misti, una zuppa buonissima e aromatizzata alla perfezione. La loro filosofia mi è piaciuta molto e sono convinta piacerà a chiunque abbia a cuore la valorizzazione del prodotti del territorio.

Abbiamo concluso  il nostro piccolo tour con una cena speciale, per una occasione speciale, a IL POSTALE (il sito qui) a Perugia, che si trova all’interno del bellissimo Castello di Monterone dove lo chef Marco Bistarelli ti accompagna in un percorso sensoriale che non ti aspetti e che lascia totalmente senza parole. Non vi racconto cosa abbiamo mangiato, vi consiglio vivamente di andarci. Sensoriale è l’aggettivo giusto, mangiando i suoi piatti vengono sollecitati non solo il gusto ma anche l’olfatto e la vista. Essendo un ristorante stellato non costa poco, ma per un’occasione speciale ci si può anche viziare un pochino.
    1. Barbara, perdonami, non avevo visto il tuo commento. E' un legume che è stato per molto tempo dimenticato, ma che a me piace molto, peccato si trovi da poche parti. Usalo nelle zuppe in piena libertà!!

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